Nel novembre 1945 un
membro della Pontificia commissione di assistenza scrive al preposto di
Laterina: "Il campo di concentramento che avevamo qui a Coltano e che
contava 35.000 prigionieri è stato disciolto e i più sono stati
liberati. I trattenuti li hanno trasferiti ad Arezzo o meglio a Laterina.
Noi non abbiamo una nota dei portati a Laterina e giornalmente sono
centinaia di lettere e decine di telegrammi che lanciano un appello
disperato di ricerca dei loro cari. Cosa si fa ad Arezzo? Funziona la
Pontificia opera di assistenza? Chi s’interessa di questi infelici
fratelli? Già hanno sofferto tanta fame, freddo e umiliazioni morali e
materiali. Pane! Questo è il loro grido. La nostra diocesi ha risposto
all’appello e qui sono stati assistiti, abbiamo chiesto a tutte le
diocesi d’Italia e dal Nord ci sono arrivati quintali di farina, riso ed
altro che ci hanno permesso d’impiantare cucine per ristorare i
liberati, inviare pacchi al campo e i cappellani sono stati instancabili
nel lavoro spirituale e materiale di distribuzione di pacchi e
pasta".
Il preposto di Laterina
è aiutato in questa sua opera di soccorso da due cappellani militari
assegnati per questo scopo al campo internati di Laterina, don Giovanni
Pistone e don Giuseppe Chiapperi.
Tra
la fine del 1945 e l’inizio del 1946 molti prigionieri vengono liberati;
restano reclusi solo alcune centinaia di detenuti. Infine, nei primi
giorni del febbraio 1947 il campo di concentramento per internati viene
chiuso.
Fin dall’aprile 1947 il Comune, anche per alleviare la
disoccupazione, vuole che i capannoni del campo non siano demoliti e ne
tenta un riutilizzo per l’impianto di una manifattura di tabacchi o per
altre attività industriali.
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