Dopo la guerra il
campo rimase chiuso per un anno, poi nel 1948
fu riattivato come Centro raccolta
profughi. Nel luglio 1948 il
campo passa al Ministero dell’Interno, viene smilitarizzato e
dotato di servizi e impianti civili; le
costruzioni vengono adattate per
accogliere i profughi dei territori ceduti alla Iugoslavia col
trattato di pace del 10 febbraio 1947. Lo spostamento della
frontiera aveva provocato l’esodo in massa di decine di migliaia
di persone che persero tutti i loro diritti e i loro beni.
Laterina diventa
uno dei 108 centri di raccolta allestiti in Italia per dare un
alloggio ai 300-350.000 profughi dalla Venezia Giulia e dall’Istria.
A partire dall’agosto del 1948 vi trovano accoglienza gli italiani
che fuggono da Fiume, dalla Dalmazia, da Trieste e da tutto il
confine orientale. Poi, negli anni successivi,
dal 1955 arrivano profughi dalla Somalia, dall’Egitto, dalla
Libia, dalla Tunisia, dall’Algeria.
Già nel settembre
1948 sono arrivati a Laterina più di 1.000 profughi e nei mesi
successivi il numero salirà fino a tremila: in pratica si
raddoppiava la popolazione del Comune che contava 3.332 abitanti .
Ad ogni famiglia di profughi viene
assegnato uno spazio nelle baracche; c’è una cappella per le
funzioni religiose, un asilo, le scuole elementari, una baracca dove
organizzare spettacoli e feste da ballo, una mensa, un ambulatorio
medico, un’infermeria e una farmacia. I profughi stessi sono
impiegati a turni di quindici
giorni nei lavori per il funzionamento e la manutenzione del Centro
dal quale percepivano un salario.
Il Centro raccolta
profughi di Laterina faceva capo al Ministero dell’Interno -
Direzione generale dell’assistenza pubblica. La chiesa assiste i
profughi con pacchi viveri e vestiario tramite la Pontificia opera
assistenza; il Ministero dell’Interno invece eroga sussidi in
denaro.
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