La presenza costante nel campo di una media di 2.500-3.000 prigionieri, la
scarsa igiene, la sottoalimentazione, provocavano nei prigionieri malattie
debilitanti: dissenteria e tifo.
I
prigionieri come in altri campi soffrivano la fame. Il pasto
prevedeva 120 grammi di pane scuro fatto con una mistura di farina di
grano, di granoturco e patate, un ramaiolo di minestra e un pezzetto di
carne o di formaggio.
Ogni tanto arrivava un pacco della CroceRossa internazionale, che
conteneva cioccolata, caffè, tè, biscotti, uva secca, salmone,
sigarette. Anche i familiari dei prigionieri potevano inviare ogni tre
mesi un pacco che poteva contenere solo vestiti, libri e cioccolata.
I prigionieri riuscivano
a scambiare con i militari italiani di guardia la cioccolata, il caffè,
il tè che trovavano nel pacco della Croce Rossa con del pane. Racconta
Carlos Rodriguez Zarraga, uno spagnolo catturato in Africa dai tedeschi e
che nel 1943 era prigioniero a Laterina dove rimase fino all’8
settembre: "noi gli [ai soldati italiani] si dava un tè un caffè e
loro ci buttavano le pagnotte dalla rete … Italiano, quante pagnotte per
un tè? – Due pagnotte- No, una!. Due!- E va bene, due pagnotte!".
Ogni mattina veniva fatto l’appello
nel grande spazio all’aperto compreso fra la cucina e le baracche, che
richiedeva alcune ore.
|