Convegni e seminari
Ricerche
CONVEGNI E SEMINARI
Seminario Sviluppo capitalistico e unità nazionale Le forme economiche, politiche e culturali dell’unità nazionale e della sua crisi |
Roma |
25-27 Maggio 2011 |
Seminario L'uomo che verrà racconta la strage di Montesole Un seminario sui linguaggi della narrazione storica |
Bologna |
21 Maggio 2010 |
Presentazione del libro
Il “popolo dei morti”
La Repubblica Italiana nata dalla guerra (1940-1946)
di Leonardo Paggi |
Bologna |
27 Gennaio 2010 |
Presentazione del libro
Il “popolo dei morti”
La Repubblica Italiana nata dalla guerra (1940-1946)
di Leonardo Paggi |
Firenze |
18 Dicembre 2009 |
Convegno
Ripensare il Mediterraneo
Il Mediterraneo e l’Unione Europea |
Firenze |
12-13 Giugno 2008 |
Convegno
Ripensare il Mediterraneo
Scritture e rappresentazioni |
Siena |
30 Maggio 2008 |
Convegno
Una prospettiva europea |
Roma |
13 Dicembre 2007 |
Convegno
|
Tripoli |
12-13 Dicembre 2006 |
Seminario di studi I campi di concentramento italiani in Libia. Una violenza coloniale |
Roma |
1 Dicembre 2006 |
Convegno Il campo di concentramento nella storia del Novecento |
Roma |
28-29 Gennaio 2004 |
Giugno 1940-Maggio 1944 |
Civitella in Val di Chiana (AR) |
27 Gennaio 2002 |
L'Italia repubblicana
nella crisi degli anni '70 |
Roma |
Novembre 2001 |
Storia e memorie per
un'identità europea. Civitella ricorda le stragi nazi-fasciste in Toscana
1944-2001
|
Civitella in Val di Chiana (AR) |
1 Luglio 2001 |
Memorie e bilanci
dell'esperienza repubblicana
|
Firenze
|
16 Marzo 2001 |
Memoria e democrazia |
Firenze |
8 Maggio 2000 |
L'antifascismo
nell'esperienza politica della Repubblica |
Roma |
23 Giugno 1999 |
La colpevole impunità |
Genova |
21 Maggio 1999 |
Identità collettive e
costruzione
|
Reggio Emilia |
2-3 Giugno 1998 |
RICERCHE
RICERCA
DI ARCHIVIO SUI CAMPI DI CONCENTRAMENTO IN ITALIA 1943-1945
(CONVENZIONE CON IL MINISTERO PER I BENI CULTURALI)
Considerazioni preliminari
Il campo di concentramento fu uno strumento essenziale
dell’esercizio nazista del potere. Fu inoltre un modo per l’organizzazione della
deportazione dei perseguitati politici nei Konzentrationslager su suolo tedesco
e dei perseguitati per motivi „razziali“ nei campi di sterminio tedeschi.
Nonostante una serie di ricerche sui campi (cfr. p.es. San Sabba. Istruttoria e
processo per il Lager della Risiera) manca ancora un bilancio organico del
sistema concentrazionario sviluppatosi in Italia a partire dagli anni della
seconda guerra mondiale. I campi di internamento e di prigionia venivano spesso
riutilizzati durante l’occupazione tedesca. Ricostruire le vicende legate a
questi luoghi è un contributo alla storia dell‘occupazione nazista nel nostro
paese, ma è anche un capitolo importante della storia d‘Italia durante la
seconda guerra mondiale e delle tormentate origini della democrazia
repubblicana.
In questi primi mesi, il lavoro di ricerca si è mosso in
sintonia con gli obiettivi stabiliti dall‘Associazione per la Storia e le
Memorie della Repubblica, ovvero monitorare le fonti d’archivio e le ricerche
già esistenti sulla storia dei campi di concentramento nazifascisti per ottenere
un quadro il più possibile esauriente e completo della dislocazione geografica,
delle vicende dei campi e della storiografia sul tema. Nella seconda fase della
ricerca si arriverà poi a dei contributi originali attraverso le ricerche
d’archivio.
Sulla base dell’impostazione generale era necessario
definire con precisione compiti e obiettivi della ricerca. Secondo le linee del
progetto, infatti, uno degli obiettivi primari è raccogliere informazioni sulle
fonti esistenti, relative ai campi di concentramento nazisti e fascisti. Ciò
rende possibile la creazione di un archivio di grande valore per gli studiosi
nonché la base per una necessaria riflessione sulla tipologia e sulla storia dei
lager in Italia durante la seconda guerra mondiale. Questo archivio sarà
composto da una serie di fascicoli corrispondenti ai diversi campi, fascicoli a
loro volta scomponibili e ricomponibili secondo specifiche aree tematiche
(tipologia del campo e delle vittime, organizzazione del campo, trasporti,
bibliografia e fonti, ecc.). A quale livello di approfondimento si può arrivare
- cioè se ci si ferma all‘analisi delle fonti italiane oppure se sarà possibile
un‘integrazione con quelle tedesche, inglesi e americane - dipenderà soprattutto
dai mezzi complessivi per portare avanti la ricerca. Un‘analisi sistematica di
alcuni archivi stranieri non rientra invece negli obiettivi del progetto.
L’accumulo di queste informazioni non sarà però fine a se
stesso, ma permetterà una riflessione molto più approfondita sull’esperienza dei
campi di concentramento in Italia non tanto basata su singoli studi, per quanto
validi ed approfonditi, o sulla memorialistica, ma su dati scientificamente
validi per tutto il territorio nazionale e per tutta la durata del conflitto. Si
tratta, in conclusione, di capire dove fossero, come funzionassero e chi
rinchiudessero questi campi, eliminando così dubbi e ambiguità sia sui termini
da utilizzare, sia sulle funzioni dei diversi campi. Una indagine quindi non
fine a se stessa, ma base per successive e più approfondite indagini sulle
singole località di detenzione.
A questo scopo il gruppo di ricerca è stato suddiviso in
più aree geografiche. Ogni ricercatore ha potuto individuare per la zona di sua
pertinenza varie tipologie di campo: campi di internamento per ebrei, campi di
smistamento e di transito per i soldati italiani deportati in Germania, campi di
smistamento e detenzione per i rastrellati destinati al lavoro coatto, campi di
prigionia per soldati nemici; sono state inoltre individuate anche numerose
località luogo di „internamento libero“, cioè Comuni dove venivano destinati gli
ebrei, o altre categorie di perseguitati quali zingari e slavi, sottoposti al
soggiorno obbligato.
Gli obiettivi
Nell' universo concentrazionario gestito dal nazismo e
della RSI in Italia dal 1943 al 1945 si possono distinguere diverse tipologie di
campi di concentramento:
a) campi di smistamento per il lavoro
coatto, gestiti da tedeschi (Suzzara, Bibbiano, Gazzanise)
b) campi di internamento e di
deportazione per ebrei, istituiti su livello provinciale, e gestiti dalle
questure italiane
c) campi di smistamento e di transito
per i soldati italiani deportati in Germania come internati militari italiani
(Stalag)
d) campi di concentramento,
„Durchgangslager“, (come a Fossoli)
e) campi di concentramento con
funzioni di sterminio, cioè i „Polizeihaftlager“ (Trieste-Risiera; Bolzano)
f) luoghi chiusi di tipo carcerario in
città, che sono una sorta di precampo, la cui gestione si divide tra la Gestapo
(il famigerato „braccio tedesco“) e l’amministrazione italiana.
Queste diverse forme di lager richiedono anche una ricerca
diversa. Per i campi di concentramento stabili (d-f), a differenza di quegli
transitori (a-c), è utile una ricerca prosopografica sia per quanto riguarda gli
aguzzini, sia per le vittime.
Prima di entrare nel merito del lavoro individuale svolto,
è opportuno segnalare i percorsi di ricerca che possono essere seguiti
attraverso il materiale ricuperato:
1. Prosopografia degli aguzzini
Le ricerche sul personale dei campi di concentramento, cioè
su persone come Haage, Titho, Seifert, ma anche Priebke, Kappler, Engel,
Saewecke ecc. (quando si tratta di informazioni sugli arresti effettuati dalla
loro organizzazione) possono essere effettuate attraverso l’utilizzo del
materiale dei processi e delle istruttorie, sia in Italia (Verona, Trieste,
Torino), sia in Germania (Ludwigsburg).
2. Prosopografia delle vittime
Per le ricerche sui arrestati e deportati si può rincorrere
agli archivi e alle biblioteche dell’Aned, del Cdec e della rete degli Istituti
di Resistenza. Oltre ad una bibliografia di scritti autobiografici e
memorialistici bisognerebbe raccogliere informazioni su interviste rilasciate
(cfr. per esempio il vasto fondo di interviste effettuate dall’Istituto Ligure
per la Storia della Resistenza).
3. Mappa dei campi locali e dei luoghi di internamento
Per i campi transitori la ricerca è più problematica per la
mancanza di una documentazione organica. Qui la ricerca deve prendere le mosse
dallo studio dei diversi gruppi di internati. Uno scavo sistematico dovrebbe
essere fatto per le fonti locali (archivi di Stato – fondo Prefettura e Questura
e Archivi comunali ed ecclesiastici). Sono comunque da prevedere difficoltà di
accesso.
Per il gruppo a.) è utile far ricorso alle risorse degli
Istituti della Resistenza, per il gruppo b.) al materiale raccolto dal Cdec di
Milano. Per il gruppo c.) scarse sono le fonti tedesche (cfr. la ricerca
importantissima dello Schreiber), mentre è abbastanza laboriosa l‘informazione
su quei campi nella memorialistica degli IMI.
4. Le immagini dell‘orrore
Un’altra pista di ricerca riguarda la produzione
fotografica sui campi. A tale riguardo, sarebbe interessante una missione a
Coblenza (incaricando Carlo Gentile, il migliore conoscitore del fondo
fotografico del Bundesarchiv), ma anche una ricerca nelle raccolte italiane. E'
stato recentemente pubblicato un percorso fotografico sulla Risiera di San
Sabba, col titolo Stalag 339. Un’ampia documentazione dovrebbe essere
disponibile sulle carceri.
5. Documenti dal carcere
Oggetto di ricerca e di studio sono, in questo caso,
lettere, graffiti, autobiografie, memorialistica, interviste.
Il materiale raccolto non deve essere organizzato
necessariamente soltanto in forma cartacea. La struttura della raccolta si
presta ad una presentazione su due livelli. Il primo – che potremmo definire di
archivio tematico virtuale – è caratterizzato dalla raccolta sistematica sul
piano archivistico di tutte le informazioni sui materiali documentari esistenti
in Italia (quali sono, dove sono, come accedervi, quali percorsi documentari
privilegiare, ecc.) e sulle altre fonti disponibili (la raccolta filmica del
Cdec e dell’Archivio di Bolzano; gli elenchi di deportati del Cdec o
dell’archivio di Italo Tibaldi scaricabile dal sito
www.deportati.it; o ancora le raccolte sistematiche di fonti orali, come
quelle esistenti in Piemonte e in Toscana). Il secondo livello è costituito
dalla costruzione di fascicoli per ciascuno dei campi individuati contenenti
materiali d’archivio selezionati, inerenti a problemi particolari di studio e di
ricerca, oppure copie delle fonti di difficile accesso.
In tal senso, il materiale raccolto costituirà uno
strumento di lavoro - fruibile anche in rete – che diventerà una sorta di snodo
informativo essenziale per chiunque è interessato alla storia dei lager (e della
deportazione) in Italia. I documenti d’archivio raccolti sono invece una base
indispensabile per la ricerca scientifica o per pubblicazioni finalizzate alla
costruzione di una sorta di guida storica (repertorio) su determinati campi o
gruppi di campi.
La ricerca individuale e territoriale
Ognuno dei ricercatori farà una schedatura dei campi nel
suo ambito territoriale. Bruno Maida ha cominciato a reperire materiale
bibliografico e archivistico negli Istituti della Resistenza in Piemonte e negli
rispettivi archivi di Stato. Dopo una prima fase dedicata ai sondaggi, Maida ha
sviluppato un modello per la descrizione di ciascun campo individuato (v.
Allegato 1). Tiziana Noce si occupa della Toscana e della Romagna. Per occuparsi
la ricerca nell’Emilia è stato individuato Marco Minardi, noto per i suoi saggi
sui campi di internamento e di prigionia in provincia di Parma. Minardi può
inoltre accedere ai frammenti dello schedario del carcere della Gestapo che si
conserva all’Istituto storico della Resistenza di Parma e recupererà il
materiale sul lager di Fossoli.
Il lavoro di Tiziana Noce ha preso le mosse dalla Toscana e
in particolare dagli Archivi di Stato di Firenze, Livorno, Lucca e Grosseto, per
cercare il materiale relativo ai campi (e a questo proposito si allegano alcune
fotoriproduzioni di documenti inediti) e per ricostruire una mappa delle
località di internamento libero, presenti nelle varie province. Il primo dato
emerso è la diseguale distribuzione della documentazione e delle ricerche già
effettuate; laddove infatti per alcuni campi abbondano documenti e produzione
storiografica, in molti altri casi le fonti sono estremamente frammentarie e
lacunose. Questo problema si pone soprattutto per i campi destinati ai
lavoratori coatti. Dal sondaggio risulta, ad esempio, che mentre per i campi di
Montalbano di Rovezzano, Bagno a Ripoli, Civitella in Val di Chiana e Renicci
esistono sia la documentazione che gli studi, su altri come Roccatederighi,
luogo di raccolta e anticamera della deportazione degli ebrei del Grossetano,
Villa Cardinali a Bagni di Lucca, o Colle di Compito e di Anchiano (tutte
località in provincia di Lucca), la documentazione sembra essere molto scarsa.
Accanto alla raccolta e all‘indagine sulle fonti cartacee
si è proceduto a stilare la lista del materiale bibliografico inerente i campi,
conservato presso l‘Istituto storico della Resistenza in Toscana, l‘Istituto
storico grossetano della Resistenza e dell‘età contemporanea e l‘Istituto
storico della Resistenza e dell‘età contemporanea di Lucca.
Nei prossimi mesi la ricercatrice passerà a completare il
lavoro negli Archivi di Stato toscani e romagnoli, nonché negli archivi dei
Comuni sede di campi e di internamento libero. A tal fine, è stata richiesta
l‘autorizzazione alle rispettive Soprintendenze ai beni archivistici.
L‘obiettivo finale del lavoro è innanzitutto quello di integrare le attuali
conoscenze sui campi situati in Toscana, producendo una mappatura il più
possibile completa dei campi. Per ciascun campo verrà stilata una scheda
informativa che contenga i riferimenti archivistici e gli studi già pubblicati
che lo riguardano, oltre ai dati relativi alla sua istituzione, al suo
funzionamento, alla destinazione d‘uso e che riporti notizie sui comandanti, su
coloro i quali era stata affidata la gestione del campo e sulle vicende
principali che nel campo hanno avuto luogo.
Le fonti già raccolte dalla ricercatrice su un singolo
campo di concentramento come quello di Villa La Selva a Bagno a Ripoli (v.
Allegato 2) contribuiscono alla ricostruzione di un quadro completo del
funzionamento dei campi di questo tipo, con informazioni su detenuti, personale
di guardia, ditte addette ai rifornimenti, amministrazione comunale ecc. La
corrispondenza revisionata che si trova nei rispettivi fondi dell’Archivio
Centrale dello Stato (si veda il prossimo paragrafo) integra i dati rilevati con
informazioni sulle mentalità e psiche dei detenuti.
Mentre a livello regionale si sta indagando in maniera più
approfondita su una realtà locale e provinciale, la ricerca a livello
ministeriale punta alla ricostruzione del quadro completo dei campi esistenti.
La ricerca sulla documentazione ministeriale centrale (ACS)
Amedeo Osti Guerrazzi ha iniziato la sua ricerca nei vasti
fondi dell’ACS (Ministero dell’Interno, ed altri fondi di epoca della R.S.I.),
cominciando a stilare una banca dati di tutti i campi dipendenti dal Ministero
degli Interni. Quando saranno versate all’Archivio di Stato di Roma le carte
della Questura, si occuperà anche di questo fondo. In un secondo tempo sarà
condotta una ricerca sul materiale fotografico e filmico disponibile a Roma.
La banca dati riguarda i campi di concentramento e di
internamento italiani, all’interno del territorio metropolitano, tra il 1940 ed
il 1945. Esistono ancora oggi notevoli lacune nel campo della ricerca
storiografica sulla definizione dei campi: i termini “campo di concentramento”,
“campo di internamento” e “campo di sterminio” sono infatti spesso adottati in
maniera impropria o addirittura interscambiabile. La prima fase di questa
ricerca è volta ad individuare con precisione i luoghi di restrizione per gli
ebrei, per i prigionieri di guerra e per gli internati politici. Diverse
centinaia sono i luoghi di internamento di cui si è persa totalmente la memoria.
Le informazioni su questi campi possono essere recuperate soltanto attraverso le
fonti di archivio.
La seconda fase consisterà nell’approfondire la funzione di
questi luoghi, il numero e la categoria dei prigionieri, il nome, quando
possibile, dei dirigenti e dei funzionari, le date di avviamento e chiusura.
Il database contiene le seguenti informazioni: nome del
campo, provincia, struttura, detenuti (categoria), detenuti (numero), tempi
dell’internamento; dirigenti; amministrazione; fonti d’archivio; eventuali
riferimenti bibliografici; commento.
Le lettere revisionate della corrispondenza degli internati
forniscono importanti informazioni qualitative sul modo di vita e di pensiero
dei detenuti.
Il campo dell’indagine è quello dei fondi dell’Archivio
Centrale dello Stato. Anche soltanto dopo una prima, sommaria, indagine, è
evidente che il lavoro di ricerca è estremamente esteso. Inoltre, nonostante
l’autorevole parere di Paola Carucci, secondo cui “nuclei specifici di documenti
sull’internamento risultavano sistematicamente stralciati dalle serie di
provenienza, suggerendo l’ipotesi [...] della costituzione empirica di un
archivio e quindi di un apposito ufficio per l’internamento” (Paola Carucci,
Confino, soggiorno obbligato, internamento : sviluppo della normativa, in
Costantino di Sante, I campi di concentramento in Italia, Milano, Angeli, 2001,
p. 16), documenti importanti spesso spuntano nei più diversi fascicoli.
Il risultato finale della ricerca sarà una schedatura il
più possibile completa dei campi di prigionia, internamento e concentramento in
Italia nel periodo della seconda guerra mondiale, corredata da una bibliografia
per ogni singolo campo, e dalle fotocopie dei documenti maggiormente
significativi. Fino a questo momento è stata effettuata una ricognizione sui
fondi per saggiarne la consistenza e cercare di capirne l’importanza. Sono state
riprodotte le prime fotocopie tratte dai fondi del Ministero degli Interni, in
particolare dalle categorie A5G (II Guerra Mondiale) e A4bis (Internati
stranieri), che dimostrano l’estremo interesse dei documenti conservati
all’Archivio Centrale dello Stato (v. Allegato 3). Nei prossimi mesi il
ricercatore indagherà in maniera metodica ed approfondita sui singoli fondi, in
particolare sul fondo “A4bis”, che contiene una serie di fascicoli con
indicazioni statistiche sui campi.
Relazione scientifica sulle attività di ricerca svolte
Obiettivi generali e prima valutazione delle ricerche sul sistema
concentrazionario in Italia
In sintonia con gli obiettivi stabiliti dall’Associazione
per la storia e le memorie della Repubblica, nei sei mesi trascorsi la ricerca
ha portato avanti il monitoraggio delle fonti d’archivio esistenti a livello
territoriale e nazionale e delle ricerche già esistenti sulla storia dei campi
di concentramento nazifascisti in Italia. Obiettivi principali della ricerca
sono la ricostruzione del quadro il più possibile esauriente e completo della
dislocazione geografica, delle vicende interne e della storiografia sui campi di
concentramento nel contesto dell’occupazione nazista e, più in generale, della
storia d’Italia durante la seconda mondiale. Il lavoro di ricerca è inoltre
finalizzato alla costruzione di un ipertesto su supporto magnetico dove far
confluire tutte le informazioni acquisite sui campi di concentramento.
In questi mesi è incominciata la raccolta sistematica dei
dati su fogli elettronici formato Excel sui quali ogni campo è stato schedato.
Attraverso la schedatura elettronica sono state acquisite e razionalizzate una
serie di informazioni sulle date di apertura e chiusura dei campi, la loro
capienza, gli enti amministrativi di riferimento, la tipologia degli internati.
Si è così ottenuta una lista completa dei campi sul territorio nazionale che
fornisce per la prima volta una mappa del sistema di internamento italiano
durante la seconda guerra mondiale. “Cliccando” su ogni campo, è possibile
accedere ad una breve scheda formato Word dove la storia di ogni struttura viene
presentata in forma più o meno approfondita a seconda dell’importanza del campo
e dei documenti reperiti. In fondo ad ogni scheda è presente inoltre una
bibliografia e indicazioni sui fondi archivistici consultati. In una fase
successiva della ricerca sarebbe auspicabile la realizzazione di un vero e
proprio database fruibile on line e dunque visibile e utilizzabile tramite
Internet dalla comunità scientifica non solo italiana. Nel database potrebbe
inoltre essere riprodotta l’intera documentazione raccolta (finora circa 1000
documenti), rendendo possibile la consultazione on line e la visione integrale
di tutti i documenti sui campi.
Un altro importante capitolo da approfondire in una fase
successiva della ricerca sarebbe la raccolta il più possibile sistematica delle
storie di vita degli internati, attraverso la riproduzione della copiosa
documentazione che fornisce dati anagrafici e informazioni sulla loro
provenienza e tipologia. Per ricostruire le storie di vita sono indispensabili i
fascicoli personali degli internati che, oltre alle missive censurate,
contengono spesso importanti notizie su come erano vissute e percepite le
restrizioni e la “prigionia”. In alcuni fascicoli sono inserite lettere di
delazione e di protesta, lettere nelle quali sono evidenziati i rapporti di
amicizia e solidarietà che a volte si instauravano tra gli internati e gli
abitanti del luogo. Oltre alle biografie di alcuni internati manca ancora una
ricostruzione di quella dei direttori, degli ispettori e del personale che si
occupava di far funzionare l’istituto dell’internamento.
In Italia il fascismo aveva creato, già dal 1926, strutture
di isolamento degli antifascisti attraverso le colonie di confino ed aveva più
volte provato a costruire campi di concentramento per i confinati politici,
riuscendoci solo nel 1939 con Pisticci. Pur tenendo ben presenti le differenze
dei due sistemi di coercizione, sia il nazismo che il fascismo raggiunsero
l’obiettivo di emarginare e reprimere le opposizioni. Durante il conflitto
mondiale, il sistema di internamento italiano diventa uno strumento di
repressione politica e razziale. Le ricerche sull’internamento civile fascista
che si sono susseguite negli ultimi vent’anni, consentono oggi di avere un
quadro quasi completo di quante fossero le strutture adibite a campi di
concentramento, gestite dal Ministero dell’interno dal 10 giugno 1940 all’8
settembre 1943. In particolare, è oramai nota la storia di alcuni campi, come
quelli di Ferramonti e Gonars, e dell’internamento civile in alcune aree
geografiche (la Puglia, l’Abruzzo, le Marche, l’Umbria e la Toscana, ed in parte
la Campania ed il Molise). Se questo dato sembra oramai acquisito, insieme al
più generale funzionamento dell’internamento fascista, ci sono molti altri
aspetti che devono essere approfonditi o studiati.
Rispetto all’internamento degli ebrei stranieri, il lavoro
di Klaus Voigt ed altre pubblicazioni hanno fornito una quantità di informazioni
esaurienti, anche se alcune vicende specifiche, soprattutto le biografie ed i
percorsi individuali di chi fu deportato, ma anche di chi riuscì a salvarsi,
hanno bisogno di ulteriori approfondimenti. Sugli ebrei italiani, i lavori di
Michele Sarfatti e di Mario Toscano hanno fatto emergere molti aspetti relativi
al loro internamento ed ai programmi e le reali intenzioni del regime.
Conosciamo quasi interamente le vicende che coinvolsero gli antifascisti,
soprattutto grazie al lavoro di Simonetta Carolini, Pericolosi nelle contingenze
belliche, che tuttavia andrebbe aggiornato, ma bisognerebbe approfondire alcuni
aspetti rimasti in ombra, come la stretta connessione tra campo e colonia di
confino. Sull’internamento degli zingari i saggi di Giovanna Boursier hanno
chiarito diversi aspetti, ma manca ancora un lavoro generale e completo. In
merito all’internamento degli slavi le ricerche sono ancora insufficienti. Gli
studi di Spartaco Capogreco hanno fornito i primi dati e le prime ricostruzioni
sulla loro deportazione dalle zone occupate e sui campi istituiti e gestiti
dall’esercito.
Bisogna
ancora studiare i diversi modi in cui vennero applicate le misure restrittive
che colpirono i sudditi di stati nemici, alcune minoranze etniche e religiose,
chi si macchiava di infrazioni annonarie e coloro che il regime considerava
“pericolosi” per la loro condizione di marginalità sociale: prostitute, oziosi e
vagabondi.
Manca
soprattutto una sistematica ed esauriente ricerca di memorie orali e
documentarie, salvo il diario di Maria Eisenstein scritto durante il periodo di
reclusione ed alcune testimonianze di ebrei raccolte dopo la liberazione ed oggi
disponibili al CDEC (Centro di documentazione ebraica contemporanea) di Milano.
Molte delle strutture attivate dopo l’8 settembre sono
ancora sconosciute, in particolare vari centri di raccolta temporanea e di
lavoro, che servirono di supporto sia per i rastrellamenti che per le
deportazioni. Anche in questo caso sarebbe importante conoscere quale fu
l’atteggiamento della popolazione e dell’apparato preposto ad applicare le
direttive. Altrettanto indispensabile sarebbe una generale raccolta delle
prescrizioni e delle direttive emanate dal regime sia nella fase preparatoria
che durante il periodo bellico. Questa ricostruzione potrebbe estendersi alla
regolamentazione internazionale dell’istituto dell’internamento, sia prima che
dopo la seconda guerra mondiale. Più in generale bisogna tenere presenti tutte
quelle strutture che vennero riutilizzate dagli alleati dopo la liberazione e
durante il periodo repubblicano sia come campi profughi che come campi di
concentramento per “gli stranieri indesiderabili”.
E’ importante sottolineare che quasi tutte le ricerche
finora prodotte si sono basate principalmente sulle fonti dell’Archivio Centrale
dello Stato, mentre altri archivi, salvo rare eccezioni, sono stati meno
utilizzati.
Avanzamento della ricerca a livello territoriale e nei
fondi dell’ACS
Per l’area di
ricerca comprendente il Piemonte, la Lombardia e il Veneto, sono stati raccolti
materiali e informazioni su circa la metà dei campi di concentramento censiti
nell’Italia settentrionale. Si tratta prevalentemente di campi provinciali,
istituiti nel 1943 per raccogliere gli ebrei in vista della loro deportazione:
Borgo San Dalmazzo, Aosta, San Martino di Rosignano (Alessandria), Sondrio,
Vercelli, Calvari di Chiavari (Genova), Mantova, Vo’ Vecchio (Padova). Entro
dicembre verrà completata la raccolta riguardante i campi di Asti, Verona,
Vicenza, Venezia, Milano, Vallecrosia (Imperia), Savona, Risiera di San Sabba
(Trieste), Bolzano. Di alcuni – come Vallecrosia e Asti – mancano solo alcuni
riscontri documentari che non è stato possibile portare a termine per
l’indisponibilità temporanea degli archivi.
Sono state approntate sintetiche schede storiche per ogni
campo, accompagnate dai riferimenti archivistici e da una breve bibliografia. Va
notato che per la maggior parte dei campi non è stato possibile consegnare
materiale documentario, e ciò per due ragioni. In alcuni casi si è verificata
l’assenza di documenti: è il caso per esempio di San Martino di Rosignano per il
quale l’analisi degli archivi locali non ha fatto emergere alcun riscontro. In
altri, come per i documenti conservati presso il CDEC di Milano, non è stato
possibile riprodurre i documenti: all’ampia disponibilità di consultazione si è
accompagnata la sostanziale opposizione a una fotocopiatura anche solo parziale.
Attraverso il fondo “Ferruccio Scala” presente all‘Archivio del CDEC è stato
inoltre possibile recuperare fondamentali informazioni sul campo provinciale di
Sondrio (la circolare Buffarini-Guidi del 30 novembre 1943, il carteggio con la
Questura, la cartina topografica del 1942 di Sondrio con l’indicazione dei
luoghi).
L’Emilia non rappresentò un caso speciale nel panorama
concentrazionario, lo divenne però nel corso del conflitto sotto l’incalzare
degli eventi bellici. Nel quinquennio 1940-1945, nei campi e nelle località di
internamento dell’Emilia soggiornarono, oltre ai sudditi di paesi nemici, civili
jugoslavi provenienti dalle zone soggette all’occupazione italiana, antifascisti
italiani, ed ebrei italiani e stranieri. La ricerca in questa regione si
prefigge di ricostruire la geografia dell’internamento civile (1940-1945), le
caratteristiche degli internati, i cambiamenti avvenuti nel corso dei cinque
anni e i rapporti instauratisi tra detenuti e comunità locali durante la
detenzione. I campi censiti in questa area sono: Montechiarugolo (Parma)
(1940-43); Scipione di Salsomaggiore (Parma) (1940-45); Fossoli (Modena)
(1943-45); Monticelli Terme (Parma) (1943-44); San Tomaso della Fossa – Bagnolo
in Piano (Reggio Emilia) (1940-43); Cortemaggiore (Piacenza) (1943-45). La
documentazione recuperata per questa regione proviene dall’Archivio centrale
dello Stato, Pubblica sicurezza, documentazione su campi e luoghi di
internamento in Emilia (1941-43); dai National Archives di Washington, relazioni
stilate dalla Croce rossa internazionale e dalla Legazione svizzera sulla realtà
di alcuni dei campi negli anni 1941-43; dall’Archivio di Stato di Parma, carte
della Questura sugli internati civili nel parmense (800 circa) durante il
triennio 1941-1943; dall’Archivio di Stato di Modena, fondo sul campo di
concentramento di Fossoli; Archivi comunali, cat. “Beneficenza” o “Leva e
Truppa”, fascicoli sugli stranieri internati nel Comune (1941-1945); Archivi
degli Istituti storici della Resistenza, documenti vari; Archivi privati
soprattutto per ciò che riguarda la deportazione degli ebrei dall’Italia.
Oltre ad aver ospitato durante l’intero arco della guerra
le diverse forme di internamento sperimentate in Italia durante la prima metà
degli anni Quaranta (se si esclude il campo di sterminio), i detenuti
dell’Emilia riassumono in sostanza l’intera gamma di prigionieri che si
trovarono a trascorrere un periodo di segregazione in Italia in quegli anni. Una
seconda considerazione che emerge con forza dalla documentazione analizzata
riguarda la profonda trasformazione a cui fu soggetto il rapporto tra detenuti e
comunità locali ospitanti man mano che la guerra procedeva. Se inizialmente si
trattava di nemici con il procedere della guerra sempre più la barriera che
divideva gli abitanti e i detenuti cedette il posto alla solidarietà umana e ad
un diverso atteggiamento verso i prigionieri, sempre più vittime della guerra e
del fascismo e sempre meno “nemici”.
Anche per l’area di ricerca che
comprende Umbria e Toscana sono state stilate delle schede contenenti il periodo
di attività dei campi censiti, la struttura, la tipologia dei soggetti reclusi,
il tipo di personale adibito alla sorveglianza, alcune note che illustrano i
principali eventi della storia dei campi, le fonti, con riferimento agli archivi
e ai fondi in cui i documenti sono conservati, e, infine, la bibliografia
relativa a ciascun campo.
Sono stati sinora sondati i fondi
conservati presso gli archivi di Stato di Firenze, Bologna, Grosseto, Livorno e
Forlì; presso gli archivi locali di Bagno a Ripoli e Sansepolcro, e i fondi
dell'Istituto Storico della Resistenza in Toscana, degli Istituti Storici della
Resistenza di Lucca, Forlì e Grosseto, dell'Istituto Parri di Bologna. Per
quanto riguarda la provincia di Lucca, vanno segnalate le difficoltà di accesso
al fondo prefettura dell'Archivio provinciale (materiale peraltro non inedito) e
all'Archivio dell'Istituto storico. Va segnalato inoltre che questa area
geografica è stata recentemente oggetto di studio e di scandaglio archivistico,
spesso confluito nella pubblicazione dei documenti, nonché di pubblicazioni
specifiche sui campi stessi. In generale, tutto il sistema di internamento
fascista fino all'8 settembre 1943 è stato in questa zona ampiamente indagato.
Le schede sui campi di internamento civile in Abruzzo,
Molise, Puglia e Campania, in fase di raccolta e sistemazione, saranno ultimate
nella terza fase della ricerca.
CONVENZIONI
Convenzione tra il Ministero per i beni e le attività culturali e l’Associazione
per la storia e le memorie della Repubblica per lo svolgimento della ricerca morie della Repubblica per lo svolgimento della ricerca
Stragi, deportazioni, campi di
concentramento in Italia 1943-1945
e per il reperimento della documentazione archivistica ad essa relativa
L’anno duemilauno, il giorno 23 del mese di marzo
tra
Il Ministero per beni e le attività culturali (codice fiscale 80222830582),
rappresentato dall’archivista di Stato capo-ricercatore storico-scientifico
Mauro Tosti-Croce, giusta delega in data 12 febbraio 1994
e
l’Associazione per la storia e le memorie della Repubblica (codice fiscale
97150460588), rappresentata dal presidente Salvatore Senese
premesso
che si ritiene opportuno
documentare le stragi nazi-fasciste perpetrate ai danni della popolazione civile
nel nostro paese e ricostruire il fenomeno della deportazione di massa di ebrei,
prigionieri di guerra, oppositori politici antifascisti e di normali cittadini,
nel suo intreccio con l’esperienza concentrazionaria, collocando gli episodi di
strage, le deportazioni e i campi di concentramento nel contesto storico
italiano fra il 1943 e il 1945;
ritenuto
opportuno che il lavoro di
ricerca venga affidato a un Istituto che dia ampia garanzia in materia;
viste
le note presentate in data 3
ottobre 2000 e 5 marzo 2001 con le quali L’Associazione per la storia e le
memorie della Repubblica propone la propria collaborazione dietro compenso;
si stipula quanto segue:
ART. 1 -
Il Ministero per i beni e le
attività culturali (in seguito indicato come Ministero) e Associazione per la
storia e le memorie della Repubblica (in seguito indicata come Associazione)
convengono che la predetta Associazione realizzi a) il reperimento di
documentazione relativa alle stragi di civili in Italia ad opera dell’esercito
tedesco e di reparti della Repubblica Sociale Italiana e di quella relativa alla
ricostruzione dell’universo concentrazionario in Italia fra il 1943 e il 1945 e
b) che provveda alla elaborazione scientifica del materiale raccolto e alla sua
presentazione in un Convegno scientifico internazionale, promosso congiuntamente
dal Ministero e dall’Associazione. I criteri scientifici, formali e
organizzativi da adottare, in adempimento di quanto previsto dal progetto di cui
alla nota del 5 marzo 2001, saranno concordati con il referente scientifico del
progetto e il direttore della Divisione studi e pubblicazioni dell’Ufficio
centrale per i beni archivistici.
ART. 2 -
La ricerca di cui all’art. 1
avrà la durata di giorni 560 (cinquecentosessanta) a decorrere dalla data della
nota di autorizzazione all’inizio dei lavori da parte della Divisione studi e
pubblicazioni.
ART. 3 -
Per le prestazioni fornite
dall’Associazione nell’ambito della presente Convenzione il Ministero
corrisponderà alla medesima la somma complessiva di L. 107.000.000
(centosettemilioni). Il pagamento sarà effettuato con mandato diretto a favore
dell’Associazione con versamento sul conto corrente intestato all’Associazione
per la storia e le memorie della Repubblica. Detto pagamento avverrà in tre
soluzioni, a cadenza semestrale, dietro consegna di una relazione scientifica e
della rispettiva tranche di materiale, corredata dai relativi dischetti, a
datare dalla nota di autorizzazione all’inizio dei lavori da parte della
Divisione studi e pubblicazioni.
ART. 4 -
Tutta la documentazione
acquisita nel corso della ricerca oggetto della presente Convenzione resta di
proprietà ed uso esclusivo dell’Associazione e dell’Amministrazione degli
Archivi di Stato.
ART. 5 -
Le eventuali spese di bollo e
di registrazione sono a carico dell’Associazione.
ART. 6 -
L’Associazione dichiara, nella
persona del sottoscritto presidente, di non essere soggetta ad IVA, ai sensi
dell’art. 14 del d.l. 4 dicembre 1997, n. 460.
L’archivista di Stato
ricercatore storico-scientifico
(dr. Mauro Tosti-Croce)
Il presidente dell’Associazione per la storia e le memorie della Repubblica
(sen. Salvatore Senese)